martedì 18 maggio 2010

intervista a Koralie




Nuovo scoop dell' inviato speciale del mostro rapinato a Salad Day (tanto si resta in famiglia) Marco Capelli, che da buongustaio continua ad intervistare donne che spaccano, dopo Tara tocca a Koralie, from France!

Francese e donna come Fafi e Miss Van, sue illustri colleghe, Koralie si è ritagliata uno spazio importante nella street art degli anni 2000, approdando poi alle gallerie più istituzionali, forte di uno stile decisamente personale. La geisha, figura classica dell’immaginario giapponese, viene reinventata e attualizzata con mille particolari rubati a iconografie estranee, fino ad essere piacevolmente stravolta. Koralie si muove tra dipinti, fotografia, computer design, e come diversi suoi contemporanei è approdata con successo alla moda e ai vinyl toys. Fresca di una nuova personale a Parigi e di una imminente uscita per Kidrobot, l’artista - newyorkese da pochi mesi - ha fatto il punto della situazione.

Iniziamo con qualcosa di attuale, come è andato l’ultimo dell’anno?

Una buona cena a casa con gli amici, ecco come mi piace passarlo!

So che ti sei trasferita a New York lo scorso anno, è stata una decisione più personale o professionale?

E’ stata una scelta veloce, volevo trasferirmi con la famiglia in una grande città e ho sempre amato NYC, quindi perché no? Ho traslocato in tre mesi... Il vantaggio dell’essere un’artista è che puoi essere creativa in ogni parte del mondo se hai con te gli strumenti giusti e un computer. Lasciarsi dietro tutto sembra spaventoso ma è più facile di quanto immagini, inoltre siamo una famiglia molto unita e ci sentiamo capaci di tutto!

Puoi già avvertire qualche cambiamento nel tuo approccio all’arte vivendo in un posto tanto diverso? Non è anche una sfida collocarsi in una scena artistica più grande e affollata?

In questo senso, al giorno d’oggi, non è indispensabile vivere nelle grandi città per trovare delle buone proposte, internet ti mette a disposizione moltissime opportunità. La scelta del luogo in cui vivi ha più a che fare con il sentirsi bene, trovare un posto che ti sia d’ispirazione. Personalmente ho bisogno di sentire e vedere cose reali più che scoprirle virtualmente.

A un primo impatto diresti che il pubblico statunitense è più aperto al tuo stile? Non hai mai l’impressione che l’Europa sia generalmente ancorata a una considerazione più tradizionale dell’arte?

No, non direi, penso solo che gli statunitensi siano particolarmente curiosi, non temano le novità e il cambiamento, e siano più disposti a cercare e scoprire nuovi artisti. Sembra che ogni cosa sia possibile, in questo momento ho ancora ragione di credere al sogno americano. Da artista mi piacerebbe mantenermi con le mie opere senza essere giudicata. In Francia le persone sono più conservative sotto diversi punti di vista, devi sempre dimostrare qualcosa prima di trovare il tuo spazio. Lavorare come artista sembra un sogno a molti, in Francia invece non siamo considerati molto seriamente, l’immagine è quella di una persona coperta di vernice, reclusa in uno studio e del tutto disinteressata ai soldi!


So che vivi con un altro artista, in che modo questa situazione si riflette nel tuo lavoro? I bambini hanno già dato qualche segno promettente?

Esatto, come sai condivido la mia vita con SupaKitch, il padre dei miei figli. Ha molto talento, sono affascinata dalla sua creatività e dalla sua tecnica, e ha quello che si merita, una splendida carriera artistica che continua a evolversi. Non c’è competizione tra noi, molto più supporto reciproco. Abbiamo gusti simili, è molto importante parlare lo stesso linguaggio. Capita che si lavori insieme e il risultato mi pare consistente, proprio perché siamo complementari. I bambini hanno già imparato a distinguere i nostri stili, ne sono impressionata! Nostra figlia ha sei anni e disegna molto bene, il piccolo di 2 anni sembra preferire la cucina!

A un primo sguardo le tue opere sembrano concentrate sulla propria estetica, fatta di immagini, colori e dettagli. Allo stesso tempo so che ti piace raccontare storie con loro, so che la recente serie di Imagomyous si basa sul rapporto di luoghi e fragranze, ti va di spiegarlo?

Da quando sono piccola mi piace realizzare piccoli modelli in tre dimensioni, sto tuttora studiando architettura per migliorare. Mi è sempre piaciuta l’idea di trasformare le mie immagini in miniature 3D, e poi sono sempre stata affascinata dalle collezioni di insetti e farfalle appuntate, senza però volerne mai possedere, come con le pellicce! Mi sono detta che potevo provarci, realizzare la mia collezione di insetti partendo dalle mie immagini. Così nasce il progetto degli Imagomyous, la parola deriva dall’unione dei termini Imago e Myou. Imago è un termine biologico, è la fase finale dello sviluppo di un insetto pterygota, dotato di ali. Myou invece indica una ragazzina incredibilmente strana in giapponese. Le opere sono fatte di legno, metallo e carta, tutte hanno un nome, un’origine, una storia e appartengono a una famiglia. Ognuna inoltre è associata a un profumo che può essere sentito nella relativa fiala.

Diresti che le numerose geisha che hai dipinto sono più il risultato dei tuoi ricordi, posti o incontri che siano, o più un esercizio di linee e colori?

Penso che la diversità delle culture e delle tradizioni di questo mondo sia molto interessante, ogni periodo e ogni popolo ha delle caratteristiche, dai vestiti ai riti, molto singolari. Nel mio immaginario tendo a sconfinare tra queste cose, riunendo immagini, icone, che difficilmente sono mischiate tra loro, come una geisha pudica e un eccentrico personaggio dai manga, con le pettinature tipiche della Francia del XVIII secolo e altri gioielli indiani, bambole russe e piume di pavone… Spero che le persone si aprano e capiscano e accettino le proprie differenze. Attraverso il mio lavoro cerco di dimostrare che è possibile creare armonia tra le diversità che il mondo ci propone.

La serie degli Imagomyous sembra inoltre molto divertente da realizzare, qual è il procedimento per quelle composizioni? Oltre alle geisha ci sono dei soggetti che ti piace dipingere, con cui il pubblico potrebbe non avere confidenza?

Disegno, scansisco, invento nomi, ho cercato idee per le ali, per gli insetti, ho ripassato tutto in Illustator, ho tracciato, importato in Autocad, rovistato nella carta, mandato in stampa, tagliato, assemblato, incollato, inchiodato, restaurato cornici… Adoro armeggiare con mille strumenti e raccontare una storia attraverso gli Imagomyou! Penso che continuerò a esplorare questo procedimento, ma desidero anche dedicarmi a soggetti più astratti, continuando ad utilizzare i personaggi come base ricorrente, come nella serie Obsession.

Non ho molta conoscenza del tuo lavoro con media diversi dalla pittura, ma nell’ultima mostra parigina c’era anche la serie fotografica “Breathe and Feel New York City”. Un nuovo tentativo?

Amo la fotografia, ma non posso definirmi fotografa, e mi sembra difficilissimo creare un proprio stile identificabile e unico. Se faccio una serie di foto, deve rispecchiare una storia e la mia personalità. NYC è una città molto fotogenica, volevo rendere qualcosa al luogo in cui vivo ora, che fosse in linea con la mia impressione e con il tema della mia mostra, gli odori. Vorrei che guardare quelle immagini potesse ricordare un odore, un’atmosfera di NYC.

Hai realizzato qualche design per alcuni toys (Kidrobot ed Element Alpha), come mai non si è ancora visto un toy realizzato su una tua geisha?

In realtà ci ho lavorato di recente, il progetto al momento è sospeso ma dovrebbe venire completato nel 2010 da Artoyz.


Anche il tuo nuovo dunny sembra meraviglioso (Fatale Series, in uscita contemporaneamente a SD2), qual è il tuo punto di vista sull’intero mondo dei vinyl toys?

Grazie per il complimento! Non sono una vera collezionista, mi piace acquistare qualche toy ogni tanto. Di solito preferisco cose più tradizionali come le bambole kokeshi, oppure caricature, come quelle di Obama, Frida Kalo, Warhol, e qualche personaggio che ricorda la mia infanzia come Lamu o Hello Kitty…

Hai una lunga serie di collaborazioni con marchi streetwear (Etnies, Upper Playground, Billabong, Carhartt), come funziona in questo caso? Ti viene lasciata completa libertà sul design?

Sì, in queste collaborazioni ho carta bianca. L’ultimo progetto riguardava Emilie Simon, una cantante francese, per cui abbiamo curato la grafica del nuovo album. Abbiamo parlato parecchio, ascoltato le nuove canzoni e ne siamo usciti molto ispirati, il lavoro è stato molto naturale.

Inoltre hai anche una tua linea di magliette, dal punto di vista di un artista è un male necessario o solo qualcosa divertente da fare, un buon veicolo per farsi conoscere e mantenersi?

Inizialmente io e SupaKitch stampavamo magliette per soddisfare le richieste degli ammiratori, ci sembrava bello. Il successo è stato immediato, abbiamo anche vinto l’“Award of the Young Fashion Entrepreneur” organizzato dallo stato francese, cui sono seguiti molti ordini, eravamo molto motivati. Da lì abbiamo voluto crescere, avere un proprio marchio di abbigliamento era un mio vecchio sogno, ma l’abbiamo creato più come progetto artistico, ogni collaborazione era più un’esibizione. Tutti i design rispecchiano il nostro umore e i nostri desideri, Metroplastique (www.metroplastique.com) è la logica continuazione della nostra arte, e penso siamo migliorati in ogni collezione, nella qualità, nello styling e nei dettagli.

Dato che la rivista è soprattutto musicale, posso chiedere qual è la playlist di Koralie?

Qui devo ringraziare SupaKitch, che è un instancabile ascoltatore. Al momento mi piacciono molto Vampire Weekend, Lykke Li, Gossip, Men, Emilie Simon, Phoenix, Janelle Monae, Hot Chip…

E posso chiederti una rapida opinione su un paio di altri argomenti che ricorrono nella rivista? Diciamo skateboard e tatuaggi…

Quando ero giovane avevo molti amici skater, avevamo anche una fanzine e qualche volta sono stata coinvolta nell’organizzazione del festival “Attitude” nel sud della Francia. Mi piace quell’ambiente, mi piace sia un passo avanti nella moda e nel graphic design. Per i tatuaggi sono appena entrata in un campo minato perché SupaKitch sta imparando a tatuare proprio in questo periodo e a casa c’è la fiera delle cavie! Bzzzz, Bzzzz, a chi tocca??


Qualche novità sul tuo libro di cui leggevo ancora un paio d’anni fa?

Non ho abbandonato quell’idea ma negli ultimi due anni ho fatto diverse mostre che mi hanno rubato moltissimo tempo. Vorrei tornare a lavorarci quest’anno, è un progetto che sento molto.

Mi dici chi è la tua preferita tra le numerose artiste donna comparse negli ultimi anni? Fafi, Miss Van, Tara McPherson, Audrey Kawasaki…

Mi piace quello che fanno, ma Fafi è la mia scelta, è anche mia amica!


Hai mai curiosità per chi acquista le tue opere, pensi mai a dove verranno esposte?

Qualche anno fa gli acquirenti erano principalmente appassionati di street art e grafica, non credo però ci sia un cliente ben definito ora, mi stupisce anche che molto uomini apprezzino i miei lavori perché sono molto femminili. Comunque non penso molto alla seconda vita dei miei dipinti, mi capita però di provare nostalgia vedendo alcuni di loro.

Qual è la miglior soddisfazione che ti sei presa come artista e quale la tua lista di cose da fare nel 2010?

La miglior soddisfazione credo sia poter vivere della mia arte. Un artista frustrato è davvero sfortunato perché è proprio la sua arte ad essere vitale. Per il 2010 credo di volermi occupare del mio libro, del mio nuovo sito web, sviluppare Metroplastique e qualche collaborazione di cui non posso ancora parlare…

http://kogaylou.free.fr/

http://www.metroplastique.com/

http://www.galerielj.com/

© 2010 Marco Capelli, curtesy of Salad Days


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